- Ezio: Assassini, Templari, pagine del Codice... È tutto così complicato.
- Mario: Devi aprire la tua mente, Ezio. Ricorda sempre: nulla è reale, tutto è lecito.
- ―Mario parla a suo nipote Ezio[src]
Mario Auditore (1434 - 2 gennaio 1500) è stato un condottiero italiano, sovrano di Monteriggioni e Maestro Assassino in quanto dal 1454 fu a capo della Confraternita italiana degli Assassini.
Durante la sua vita, Mario collaborò con suo fratello Giovanni, anch'egli Assassino, per trovare e collezionare le pagine perdute del Codice di Altaïr Ibn-La'Ahad, oltre a fortificare e difendere il borgo di Monteriggioni, per prevenire le invasioni, soprattutto fiorentine. Sotto il suo dominio, Monteriggioni proserò, diventando una fiorente comunità.
Dopo la morte del fratello a Firenze, addestrò il nipote Ezio, facendolo diventare un Assassino a tutti gli effetti. Negli anni successivi, continuò ad aiutare il nipote con indicazioni e consigli, fino alla sua morte durante l'assedio di Monteriggioni nel 1500, per mano di Cesare Borgia.
Nel 2012 le Abstergo Industries estrassero le sue memorie genetiche da un suo discendente e incaricarono un loro impiegato di riviverle attraverso il Data Dump Scanner.
Biografia
Primi anni
Mario nacque a Monteriggioni, in Toscana. La notte della sua nascita un mercenario fiorentino era stato incaricato dalla sua signoria di infiltrarsi a villa del borgo, e di uccidere tutti gli esponenti del casato Auditore. Il malfattore si imbattè nella stanza del piccolo Mario; più tardi il mercenario venne trovato morto dalla ostetriche che stavano curando sua madre. Giacché Mario era l'unico presente nella stanza, la morte del mercenario rimane un mistero. Due anni dopo nacque il fratello di Mario, Giovanni.
Crescendo i due scoprirono di discendere da una stirpe di noti Assassini, e per essere parte di loro, iniziarono il loro addestramento in giovane età.[1] Il 29 giugno 1440, quando aveva sei anni, Mario giocò un ruolo importante nella battaglia di Anghiari, allertando il condottiero Micheletto Attendolo di nubi di polvere sopra la strada, segnalando l'avanzo delle truppe milanesi. Grazie a lui, l'attacco venne fermato, e Firenze vinse la battaglia.[1]
Tuttavia, dopo questa battaglia, la maggior parte del suo tempo è stato speso a difendere la sua città natale dai molteplici attacchi fiorentini.[1]
Sovrano di Monteriggioni
- "Voglio questa cosa fuori da Monteriggioni, qualunque cosa essa sia! Mio fratello saprà cosa farne. Mentre porto la scatola fuori dalla camera, essa continua a parlarmi. Io non mi sottometterò."
- ―Mario recupera la Sindone[src]
Nel 1454 Giovanni, decise di trasferirsi a Firenze per intraprendere una carriera nel settore bancario, e, dopo la morte del padre, Mario divenne l'unico sovrano di Monteriggioni. Rimase nella Villa Auditore, e si tenne in contatto con il fratello via lettere. In una di queste missive, Mario difese la sua decisione di rimanere a Monteriggioni, scrivendo che preferiva lottare da uomo, piuttosto che marcire dietro una scrivania. Si insinua che vide il fratello di rado.[1][2]
Sotto il suo dominio, Monteriggioni ebbe temporaneamente un periodo di prosperità; aprì diverse botteghe e gilde in città, e aumentò notevolmente le difese, al fine di resistere agli attacchi fiorentini. Nel 1454, scoprì un informatore fiorentino a Monteriggioni, Luciano Pezzati.[2]
Mario duellò con Luciano, e, appena lo ebbe sconfitto, lo trascinò a Villa Auditore. Interrogandolo, scoprì che Firenze aveva assoldato il condottiero Federico da Montefeltro per condurre un attacco a Monteriggioni. Grazie alla guida di Mario, la città si difese con successo e il tentativo di invasione fu un fallimento.[2]
Dopodiché, Luciano Pezzati confessò il movente dell'assedio: i fiorentini avevano attaccato per via di un misterioso artefatto nascosto a Monteriggioni. Curioso di sapere cosa fosse, Mario radunò i suoi architetti e gli storici del borgo, per scoprire infine che, anni prima, il pozzo della città era stato drenato e scavato.[2]
Insieme ad un minatore e ad alcuni dei suoi uomini, entrò nel pozzo. Mentre in un primo momento non trovarono nulla, Mario vide che la fiamma del minatore era tremolante, segno della presenza di vento. Insieme, spinsero contro il muro, trovando un corridoio nascosto, pieno di varie trappole mortali. I membri del loro gruppo vi persero la vita, e lo stesso Mario venne colpito da un pendolo oscillante, che accecò il suo occhio sinistro, lasciando una cicatrice sul suo volto.[2]
Infine, nonostante le ferite, il gruppo trovò una scatola di legno all'interno del pozzo, dal cui interno una presenza disse agli uomini di Mario che il loro "dolore era temporaneo" e di "ignorarlo". Gli uomini erano certi che la presenza li avrebbe guariti, ma Mario pensò che, in quanto la scatola era stata nascosta per tanto tempo, non sarebbe stato saggio aprirla.[2]
I suoi si ribellarono, e lui fu costretto a ucciderli. Anche Mario era curioso di conoscere il contenuto dello scrigno, ma promise a se stesso di non aprirlo. Lo trasportò quindi fino a Villa Auditore, ignorando le offerte dell'artefatto per guarire. Dopo averlo tenuto nascosto nella villa, lo diede al fratello, dicendogli di occuparsene come un "problema della Confraternita".[2]
Riunione di famiglia
- "Non mi riconosci? Sono io, Mario"
- ―Mario si presenta al nipote[src]
Nel 1476, Giovanni e due dei suoi figli, Federico e Petruccio, vennero giustiziati col pretesto di tradimento, ma in realtà il processo fu giostrato dai Templari, i nemici degli Assassini. Per salvarsi, l'ultimo figlio di Giovanni, Ezio, accompagnato dalla madre Maria e dalla sorella Claudia lasciarono Firenze e fuggirono a Monteriggioni.[1]
Quando i tre avevano quasi raggiunto Monteriggioni, vennero attaccati da Vieri de' Pazzi e dai suoi soldati. Mario li salvò con i suoi mercenari, e li accompagnò a Monteriggioni, dove Mario parlò a Ezio della sua eredità di Assassino, e che doveva essere addestrato in modo che possa correttamente combattere e sconfiggere i Templari per proteggere la madre e la sorella.[1]
Mario iniziò quindi ad allenare Ezio per farlo diventare un Assassino, insegnandogli varie tecniche di combattiento, come disarmare e contrattaccare. Nel 1478, Ezio gli parlò della sua decisione di andare con Maria e Claudia in Spagna, contro la volontà di Mario. A causa del suo orgoglio per la sua eredità di Assassino, Mario se ne andò e partì per San Gimignano, prima che Ezio potesse ripensare alla sua decisione.[1]
Sentendosi in colpa, Ezio seguì Mario a San Gimignano per aiutarlo a uccidere Vieri de' Pazzi. Quando Ezio, una volta ucciso Vieri, cominciò ad oltraggiare il suo corpo, Mario lo fermò, esortandolo ad avere rispetto per i morti. Poi, rivolgendosi al corpo di Vieri, pronunciò un breve monologo, concluso da "Requiescat in Pace", espressione che Ezio adottò.[1]
Una volta tornati a Monteriggioni, gli uomini di Mario celebrarono la vittoria, e Mario stesso mostrò a Ezio il Santuario, una nicchia costruita per ricordare i leggendari Assassini, nascosto sotto la villa. Gli parlò anche dell'importanza del Codice, delle pagine che Mario e Giovanni stavano raccogliendo e traducendo, per metterle sulla parete del Codice.[1]
Dopo aver osservato Ezio posizionare delle piume nello scrigno delle piume di Maria nella speranza che la madre torni a parlare, Mario intervenne dopo aver visto Ezio mettere la cinquantesima piuma. Tentò di scoraggiare Ezio dal continuare qualcosa che Mario considerava uno sforzo vano. Mario poi se ne andò dopo averlo informato di aver fatto fare una nuova arma al Fabbro della città per farla usare a Ezio.[1]
Acquisizione della Mela
- "Niente paura nipote, non sei solo!"
- ―Mario raggiunge Ezio durante lo scontro con Rodrigo[src]
Nel 1488, Mario e alcuni dei maggiori Assassini si incontrarono a Venezia per acquisire la "Mela" dal Gran Maestro dell'Ordine dei Templari, Rodrigo Borgia, sapendo che doveva essere consegnata a lui in quel giorno. Quando trovarono Rodrigo, videro che Ezio li aveva preceduti, e che era impegnato in combattimento con Rodrigo e i suoi uomini.[1]
Gli Assassini accorsero ad aiutarlo, e dopo aver ucciso le guardie di Rodrigo e quasi ucciso Rodrigo stesso, il capo dei Templari fuggì per salvarsi la vita, lasciandosi dietro la Mela. Mario rivelò quindi che tutti i presenti erano Assassini, con grande sorpresa di Ezio. Quella notte, il gruppo si incontro su una torre in città, dove Ezio venne introdotto nella Confraternita degli Assassini.
- Machiavelli: Ezio, devi proteggerla con tutte le tecniche che ti abbiamo insegnato.
- Mario: Portala a Forlì. La città è protetta da mura e da cannoni. Ed è retta da una nostra alleata.
- ―Mario e Machiavelli parlano ad Ezio della Mela[src]
Dopo aver ottenuto il Frutto dell'Eden, Mario lo studiò insieme a Niccolò Machiavelli, Leonardo da Vinci ed Ezio. Quando la Mela venne attivata, Mario e Niccolò rimasero entrambi colpiti, tenendosi la testa. Ezio e Leonardo, tuttavia, rimasero inalterati, anche se accecati dalla luce.[3]
Dopo questo, Mario riconobbe il grande potere della Mela, e disse a Ezio di proteggerla portandola nella Rocca di Ravaldino a Forlì, cittadella protetta dal loro alleato Caterina Sforza. Prima di ripartire, Mario invitò Leonardo a visitare Villa Auditore a Monteriggioni.[3]
Viaggio a Roma
Nel dicembre 1499, Mario, Ezio e gli altri Assassini si riunirono a Villa Auditore per trovare la profezia nascosta nel Codice. Dopo che Ezio combinò le pagine, il gruppo scoprì che mostravano una mappa del mondo intero con le posizioni dei Templi. Ezio concluse che la Cripta più vicina era nel Vaticano, e che Rodrigo Borgia era diventato papa per poter avere accesso alla Cripta e al Bastone dell'Eden.[1]
Ezio partì quindi per Roma per assassinare Rodrigo ed entrare nella Cripta, mentre Mario e gli altri Assassini si occupavano di creare scompiglio in città per distrarre l'esercito papale. Ezio risparmiò Rodrigo, ma fu in grado di utilizzare i due Frutti dell'Eden per entrare nella Cripta. Dopo la conversazione con Minerva, un membro della Prima Civilizzazione, se ne andò.[1]
Dopodiché, Mario raggiunse Ezio nella Cripta, affermando che fosse meglio lasciare il bastone nella terra, piuttosto che in mani umane. Dopo aver aspettato che Ezio si arrampicasse, i due uscirono dalla Cripta, passando per la Cappella Sistina, combattendo durante la fuga, facendosi strada tra le guardie nemiche, fino ad arrivare sulla cima di una torre vicino al Tevere.
Arrivati al fiume, Mario esortò Ezio a gettare la Mela in acqua, ma Ezio non riuscì a prendere una decisione. Rassicurandolo, Mario prese la Mela dalle mani di Ezio e gli disse che l'avrebbe conservata fino a quando non si fosse deciso e si tuffarono nel fiume.[4]
Morte
- Ezio: "Zio... State attento."
- Mario: "Certo."
- ―L'ultima conversazione tra Mario e il nipote.[src]
Dopo quattro giorni di viaggio a cavallo, Ezio e Mario raggiunsero Monteriggioni nel pomeriggio di Capodanno del 1500. Poco prima di arrivare alle porte, Ezio terminò di raccontare allo zio quello che aveva visto nella Cripta, sebbene Mario lo assicurò che, essendo gli eventi annunciati previsti per accadere in un futuro remoto, non avevano bisogno di preoccuparsi.
Mario parlò anche a Ezio dei nuovi cannoni che aveva installato sui bastioni della città, dopo che una palla di cannone fece trasalire suo nipote quando si schiantò al suolo nelle vicinanze. Mentre i due entravano in città, furono applauditi dai cittadini per la loro vittoria in Vaticano, e mentre Mario tornava alla villa, Ezio iniziò a godersi la nuova abbondanza di tempo che aveva
Mario parlò a Ezio anche dei nuovi cannoni che aveva fatto installare sui bastioni della città, dopo che una palla di cannone si schiantò a pochi metri dai due, spaventando lo stesso Ezio.[4] Mentre zio e nipote cavalcavano in città, vennero allietati dai cittadini che davano loro il benvenuto. Mario tornò alla villa, mentre Ezio iniziò a godere della nuova abbondanza di tempo libero che aveva.[4]
La sera stessa, Mario incontrò la sua famiglia, Niccolò Machiavelli e Caterina Sforza all'interno del suo studio, per dibattere su quanto Ezio avesse scoperto nella cripta. L'Assassino spiegò di aver incontrato un "quadro in grado di muoversi" della dea Minerva, che lo avvertì dell'imminente catastrofe e dei templi nascosti che avrebbero potuto salvare l'umanità. Si mise poi a parlare con un fantasma, Desmond, come se si trovasse accanto ad Ezio e poi sparì. Dopo il racconto, Mario iniziò a riflettere sul significato di tutto ciò.
Machiavelli intervenne cambiando argomento, chiedendo del destino di Rodrigo, a cui Ezio rispose di averlo risparmiato. Dopo aver sentito le sue parole, Machiavelli si agitò, avvertendo che l'indecisione di Ezio avrebbe sicuramente avuto delle conseguenze, per poi uscire dallo studio e dirigersi a Roma. Dopo la discussione, Mario rassicurò suo nipote, dicendogli che non capiva fino in fondo perché avesse risparmiato Rodrigo, ma che si fidava del suo giudizio e che anche Machiavelli avrebbe capito.
All'alba del 2 gennaio, Monteriggioni venne assediata dai Borgia, sotto il comando di Cesare Borgia. Mario si incontrò di sfuggita con Ezio, dicendogli che avrebbe mantenuto la Mela al sicuro con lui, e che Ezio doveva fermare i cannoni del nemico, mentre lui stesso guidava un attacco frontale alle truppe dei Borgia.[4]
Mario rimase però ferito durante la battaglia, e tentò di fuggire di nuovo in città, ma crollò alle porte di Monteriggioni. Venne presto seguito da Cesare e i suoi tre luogotenenti, e mentre tentava di rialzarsi in piedi, Cesare gli si avvicinò e richiamò l'attenzione di Ezio.[4]
Tenendo la Mela in mano, Cesare sparò alla testa di Mario, giacente sotto di lui, uccidendo l'Assassino come un "invito" da parte della famiglia di Cesare a Ezio di andare a Roma. Il Templare fece poi decapitare Mario, poggiando la sua testa su di una picca, mostrandola al nipote durante la fuga di quest'ultimo dalla città.
Dopo la morte di Mario, Monteriggioni venne distrutta, Villa Auditore fu profanata, e l'Ordine degli Assassini fu costretto a trasferirsi a Roma, sotto la guida di Niccolò Machiavelli.[4]
Caratteristiche e personalità
- Ezio: Vedo che non avete perso tempo a darvi ai festeggiamenti.
- Mario: E perché no?! Ci hai reso un gran servigio, nipote! Con la morte di Vieri, questa parte della Toscana è di nuovo in pace.
- ―Mario parla con suo nipote riguardo ai festeggiamenti per la morte di Vieri[src]
Mario vestiva uno stile particolare della nobiltà del rinascimento, sfoggiava capelli lunghi e scuri, tirati indietro ordinatamente, e aveva una cicatrice sopra l'occhio sinistro, da cui non vedeva. Era un uomo chiassoso, e non non nascondeva la sua passione per la lotta e il vino.[1]
Si preoccupava molto per la sua famiglia, ed era estremamente orgoglioso della sua eredità di Assassino. Dalla sua lettera a Giovanni e le loro differenze nello stile di combattimento, si può presumere che egli criticava spesso giocosamente suo fratello, come il nipote Federico faceva con Ezio.[1]
L'insegna degli Assassini era ricamata sul cuoio della spalla sinistra dell'abito di Mario. Il simbolo degli Auditore, invece, era cucito sul mantello che indossava. A ben guardare, si notava che Mario metteva spesso la mano sulla spalla della persona con cui parlava, presumibilmente in segno di vicinanza o di affetto.[1][4]
Curiosità
- Quando si presenta, nella versione inglese esclama ad Ezio "It's a-me, Mario!", una frase popolare di Mario, protagonista delle serie Nintendo.
- Mario viene spesso definito come ubriacone da parte dei Pazzi.
- Anche se Mario visse nella villa, si vede solo durante le missioni e quando si posiziona la 50° piuma nella stanza di Maria.
- Benché Mario fosse un Assassino Italiano, l'insegna degli Assassini ricamata sul suo abito è l'insegna alternativa degli Assassini nel Levante.
- In un raro glitch, dopo la fine della missione "Ritorno a casa", Mario potrebbe non essere marcato in blu dall'Occhio dell'aquila. In questo caso, può essere afferrato o attaccato.
- In Assassin's Creed: Brotherhood, si può notare che Mario aveva i capelli brizzolati, indicando che invecchiò in modo significativo.
- In Assassin's Creed: Brotherhood, durante la missione "Ite missa est", si può colpire o uccidere Mario senza alcuna penalità.
- Mentre era a Monteriggioni nel 2012, uno dei manufatti che Desmond Miles ritrovò nel borgo fu la spada di Mario, infilzata in una pietra. È un possibile riferimento alla "Spada nella Roccia" di Re Artù.
- Pur avendo 65 anni, durante la fuga con Ezio da Roma si dimostra ancora molto agile.
- Come mostrato all'inizio di Assassin's Creed: Brotherhood anche Mario sa compiere un salto ascensionale come Ezio.
- Mario credeva nel sistema geocentrico.
- Nel romanzo Assassin's Creed: Rinascimento, Mario viene descritto con una folta barba nera, sebbene nei videogiochi presenti solo dei sottili baffi.
- Sebbene i suoi parenti fossero cattolici, Mario affermò di non essere un "grande frequentatore di chiese".
Galleria
Note
- ↑ 1,00 1,01 1,02 1,03 1,04 1,05 1,06 1,07 1,08 1,09 1,10 1,11 1,12 1,13 1,14 1,15 Assassin's Creed II
- ↑ 2,0 2,1 2,2 2,3 2,4 2,5 2,6 Assassin's Creed: Project Legacy - Guerre d'Italia: Capitolo 3 - Mario Auditore
- ↑ 3,0 3,1 Assassin's Creed II - La Battaglia di Forlì
- ↑ 4,0 4,1 4,2 4,3 4,4 4,5 4,6 Assassin's Creed: Brotherhood
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