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==Antefatto==
 
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Nel dicembre del 1476, [[Giovanni Auditore da Firenze]], padre di Ezio, chiese al figlio di consegnare due lettere e di ritirarne una terza dalla colombaia a [[Firenze]]. Confuso dagli atteggiamenti piuttosto ostili da parte dei destinatari delle lettere, Ezio fece ritorno a [[Villa Auditore|casa]], venendo però a conoscenza che il padre e i due fratelli sono stati arrestati e rinchiusi a [[Palazzo della Signoria]] durante la sua assenza.
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Nel dicembre del 1476, [[Giovanni Auditore da Firenze]], padre di Ezio, chiese al figlio di consegnare due lettere e di ritirarne una terza dalla colombaia a [[Firenze]]. Facendo ritorno a [[Villa Auditore|casa]] però, venne a conoscenza che il padre e i due fratelli sono stati arrestati e rinchiusi a [[Palazzo della Signoria]] durante la sua assenza.
   
Dopo aver preso dei documenti che testimoniavano l'innocenza degli Auditore, Ezio li diede, come da accordi con il padre, ad [[Uberto Alberti]], Gonfaloniere di giustizia di Firenze, il quale però era segretamente d'accordo sull'esecuzione della famiglia. Di conseguenza il giorno dopo Ezio assistette alla condanna a morte dei suoi familiari.
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Dopo aver preso i documenti che testimoniavano l'innocenza degli Auditore e la colpevolezza di [[Francesco de' Pazzi]] sull'omicidio di [[Galeazzo Maria Sforza]] a [[Milano]] pochi giorni prima, Ezio li diede, come da accordi con il padre, ad [[Uberto Alberti]], Gonfaloniere di giustizia di Firenze, il quale però era segretamente un membro dei [[Templari]] d'accordo sull'esecuzione della famiglia. Di conseguenza Francesco venne prosciolto e il giorno dopo Ezio assistette alla condanna a morte dei suoi familiari.
   
 
==25-26 aprile 1478==
 
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Versione delle 12:34, 23 nov 2014

La Congiura dei Pazzi è stata una cospirazione che ha avuto luogo nel Rinascimento, nella seconda metà del XV secolo, periodo durante il quale la famiglia Pazzi ebbe lo scopo di spodestare la famiglia Medici dal governo della repubblica di Firenze.

La congiura terminò con la morte dell'ultimo membro della famiglia, Jacopo de' Pazzi, nel 1480 a San Gimignano.

Il principale artefice della fine del complotto fu l'Assassino Ezio Auditore da Firenze.

Antefatto

Nel dicembre del 1476, Giovanni Auditore da Firenze, padre di Ezio, chiese al figlio di consegnare due lettere e di ritirarne una terza dalla colombaia a Firenze. Facendo ritorno a casa però, venne a conoscenza che il padre e i due fratelli sono stati arrestati e rinchiusi a Palazzo della Signoria durante la sua assenza.

Dopo aver preso i documenti che testimoniavano l'innocenza degli Auditore e la colpevolezza di Francesco de' Pazzi sull'omicidio di Galeazzo Maria Sforza a Milano pochi giorni prima, Ezio li diede, come da accordi con il padre, ad Uberto Alberti, Gonfaloniere di giustizia di Firenze, il quale però era segretamente un membro dei Templari d'accordo sull'esecuzione della famiglia. Di conseguenza Francesco venne prosciolto e il giorno dopo Ezio assistette alla condanna a morte dei suoi familiari.

25-26 aprile 1478

Il piano dei congiurati, era di uccidere i fratelli Lorenzo e Giuliano de' Medici sabato 25, avvelenandoli durante un banchetto organizzato per l' elezione di Raffaele Riario Sansoni a cardinale, con il veleno di Francesco de' Pazzi. Purtoppo, per un'indisponibilità di Giuliano, il piano fallì, e fu rimandato al giorno dopo, domenica 26 aprile 1478. Quindi, l'ignaro Raffaele Riario Sansoni invitò tutti i congiurati ed i fratelli Medici alla sua consacrazione, come ringraziamento per la festa organizzata la sera prima. Montesecco non partecipò, perché si rifiutava di uccidere in un luogo sacro.

Il compito venne allora affidato a due preti, facenti parte anch'essi della congiura: Stefano da Bagnone e l'arciprete Antonio Maffei da Volterra.

Essendo però Giuliano ancora indisposto, Bernardo Baroncelli (il sicario destinato a Giuliano) e Francesco de' Pazzi decisero di andare a prenderlo personalmente. Nel percorso dal Palazzo Medici a Santa Maria del Fiore, i cronisti ricordano di come i congiurati abbracciassero a tradimento Giuliano per vedere se indossasse una cotta di maglia sotto le vesti, ma egli, a causa di un'infezione ad una gamba, era uscito senza indossare il solito giaco sotto le vesti, e senza il suo coltello da caccia. Quando arrivarono in chiesa la messa era già iniziata.

File:250px-LorenzoDuomo (1).jpg

Lorenzo de' Medici si reca in duomo insieme alla moglie Clarice Orsini.

Al momento solenne dell'elevazione, mentre tutti erano inginocchiati, si scatenò il vero e proprio agguato: mentre Giuliano cadeva in un lago di sangue sotto i colpi del Baroncelli, che lo aveva colpito nel cranio, Lorenzo veniva ferito di striscio sulla spalla dagli inesperti preti, e riusciva a entrare in sacrestia, dove chiuse le pesanti porte e si barricò. Bernardo si avventò ormai in ritardo e sfogò la sua foga su Francesco Nori, che interpose il suo corpo tra l'omicida e Lorenzo, sacrificando la sua vita e dando la possibilità a Lorenzo di fuggire.

Conseguenze

Jacopo de' Pazzi aveva completamente sbagliato la valutazione della risposta della popolazione fiorentina. Quando si presentò in Piazza della Signoria con un gruppo di compagni a cavallo gridando "Libertà!" invece di essere acclamato venne assalito dalla folla in un'incontenibile movimento popolare che dal Duomo a tutta la città si accaniva contro i congiuranti.

Le truppe del papa e delle altre città che attendevano appostate attorno a Firenze, al suono delle campane sciolte si insospettirono e lo stesso Jacopo de' Pazzi uscì dalla città portando la notizia del fallimento, per cui non fu sferrato nessun attacco.

L'epilogo fu molto doloroso per i Pazzi e per i loro alleati tanto che entro poche ore dall'agguato Francesco, ferito nell'agguato e rifugiatosi nella sua casa, e l'arcivescovo di Pisa Francesco Salviati penzolavano impiccati dalle finestre del Palazzo della Signoria. Al grido di "Palle, palle!", ispirato al blasone dei Medici, i Palleschi scatenarono infatti una vera e propria caccia all'uomo in città, che fu feroce e fulminea.

Pochi giorni dopo anche Jacopo de' Pazzi veniva impiccato, e anche il suo congiunto, non responsabile della congiura, Renato de' Pazzi, e i loro corpi gettati in Arno. Bernardo Baroncelli riuscì a fuggire dalla città, arrivando a rifugiarsi a Costantinopoli, ma venne scovato e consegnato a Firenze per essere giustiziato. Giovan Battista da Montesecco, sebbene non avesse partecipato all'esecuzione della congiura, venne arrestato e, dopo essere stato sottoposto alla tortura, rivelò i particolari della macchinazione, compreso il coinvolgimento del Papa, che egli additò come il principale responsabile. Fu decapitato. I due preti assassini vennero catturati pochi giorni dopo e linciati dalla folla: ormai tumefatti e senza orecchi, giunsero al patibolo in Piazza della Signoria e vennero impiccati.

Lorenzo non fece niente per mitigare la furia popolare, così fu vendicato senza che le sue mani si macchiassero di colpe. I Pazzi vennero tutti arrestati o esiliati e i loro beni confiscati. Fu proibito che il loro nome comparisse su alcun documento ufficiale e vennero cancellati tutti gli stemmi di famiglia dalla città, compresi quelli che erano presenti su alcuni fiorini coniati dal loro banco, che furono riconiati.