L'attacco a Valencia è stato un avvenimento successivo alla liberazione di Roma, in cui membri della Confraternita italiana degli Assassini si recarono presso Valencia all'inseguimento di Micheletto Corella, con la speranza che egli li conducesse da Cesare Borgia.
Il viaggio[]
Dopo la tappa a Napoli e la conversazione con Camilla, Ezio Auditore da Firenze, Niccolò Machiavelli e Leonardo da Vinci si imbarcarono immediatamente su una nave diretta a Valencia, sebbene ci vollero diverse ore di preparativi prima che fossero pronti a partire. Il viaggio degli Assassini fu difficoltoso, dato il mare agitato e le varie burrasche che colpirono le vele.
Dopo un viaggio durato cinque giorni, i tre avevano perso le speranze di arrivare a Valencia prima di Micheletto. Arrivati nel porto della città, notarono presto la nave usata da Micheletto. Parlarono quindi col proprietario del veliero per chiedere indicazioni, riuscendo ad avere un indizio: la locanda del Lupo Solitario.
Lupo Solitario[]
Ezio, Leonardo e Machiavelli si diressero alla locanda con l'intenzione di passare la notte nello stesso posto del loro bersaglio. Una volta arrivati, trovarono la locanda immersa nel buio e la porta aperta. Nonostante ciò, entrarono nell'edificio, solo per trovarsi in un'imboscata di un gruppo di dieci uomini che si erano nascosti nell'ombra.
Da ciò scaturì un breve scontro, durante il quale Ezio combatté con lo stesso Micheletto. Quando la maggior parte degli aggressori furono uccisi, Micheletto e i suoi rimanenti seguaci fuggirono dalla locanda. L'Auditore tentò di dargli la caccia e riuscì a mettere all'angolo uno dei seguaci di Micheletto, che rivelò loro la destinazione, il Castello di La Mota, luogo in cui era prigioniero Cesare.
Fuga dalla prigione[]
Gli Assassini trascorsero la notte nella locanda del Lupo Solitario e la mattina seguente partirono per la prigione, chiedendo lungo la strada indicazioni. Tuttavia, Micheletto aveva avuto un ottima idea e aveva pianificato con cura la fuga di Cesare. Lui e i suoi seguaci riuscirono a far uscire Cesare dalla sua prigione con l'aiuto di una guardia corrotta e delle funi, travestendo anche lo stesso Cesare da miliziano.
Quando gli Assassini finalmente arrivarono al Castello, ricevettero la notizia che Cesare era fuggito. Ezio si ricordò di una visione che la Mela dell'Eden gli aveva rivelato quando era ancora a Roma, e si rese conto che Cesare era diretto al porto di Valencia. L'Assassino era sul punto di tornare subito indietro, quando Leonardo si ammalò, e dovette rimandare il piano. Tuttavia, riuscirono a raggiungere Valencia prima che finisse il mese.
Attacco al porto[]
Una volta tornati a Valencia, i tre notarono che la città era in subbuglio. Cesare aveva già radunato un esercito di mille uomini appena fuori città, e una flotta di quindici navi da guerra, protette da una mezza dozzina di navi più piccole. Machiavelli propose di aspettare l'aiuto di re Ferdinando II, ma Ezio osservò che ci sarebbe voluto troppo tempo per aspettare il loro arrivo in città. Tuttavia, Leonardo aveva un piano per fermare Cesare, rivelando loro una nuova invenzione: le bombe. Raccolsero gli ingredienti necessari per fabbricarle e due giorni dopo Leonardo riuscì a completarle. Tornò poi in Italia, lasciando Ezio e Machiavelli a continuare l'inseguimento.
I due Assassini si separarono, con Ezio diretto alle navi e Machiavelli al campo. Le bombe si dimostrarono molto efficaci, riducendo le forze di Cesare senza troppi problemi. Successivamente, decisero di dirigersi nuovamente alla locanda del Lupo Solitario, poiché probabilmente era ancora la base operativa di Cesare.
Morte di Micheletto[]
Al loro arrivo, gli Assassini salirono sul tetto della locanda e guardarono attraverso le finestre per trovare la stanza giusta. Una volta individuata, Ezio e Niccolò scovarono Cesare e Micheletto; il Borgia rivelò i suoi piani per recarsi a Viana poiché il suo esercito era stato schiacciato dagli Assassini, dicendo a Micheletto che suo cognato, Giovanni III di Navarra, lo avrebbe supportato. Micheletto disse a Cesare di essere il suo braccio destro e che lo avrebbe aiutato, ma il Gran Maestro lo offese, umiliandolo per la delusione arrecatagli. Indignato, Micheletto si gettò su Cesare per strangolarlo, ma venne colpito in testa da un proiettile della pistola dell'avversario.
Cesare allora si preparò a lasciare la locanda, ma Machiavelli spostò inavvertitamente una tegola, attirando la sua attenzione. Con grande velocità, estrasse una seconda pistola e sparò alla spalla di Machiavelli. Ezio pensò di seguire Cesare, ma decise che prima doveva portare il suo amico da un dottore. Una volta lì, i due si salutarono ed Ezio partì per il suo viaggio verso Viana.
Conseguenze[]
Cesare Borgia fuggì dalla prigione e raggiunse Valencia, dove si sarebbe radunato il suo esercito con il quale avrebbe ricominciato la conquista dell'Italia. Tuttavia, Ezio e Machiavelli distrussero il suo esercito con le bombe costruite da Leonardo. Poco dopo, Cesare ebbe una discussione violenta con il suo braccio destro, Micheletto, che terminò con la morte di quest'ultimo per mano di Cesare. Dopo aver scoperto i due Assassini che lo spiavano, Cesare sparò un colpo riuscendo a colpire Machiavelli per poi fuggire in direzione del regno di Navarra per condurre un assedio alla città di Viana. In seguito, Ezio iniziò ad inseguire da solo Cesare, poiché Machiavelli necessitava di almeno due settimane di riposo per guarire dalla ferita.
Apparizioni[]
Fonti[]
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