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L'assedio di Acri è stato il primo confronto della terza crociata che iniziò il 28 agosto 1189 e finì il 12 luglio 1191, quindi si protrasse per quasi tutta la durata di essa. Con l'aiuto dei Cavalieri Templari e dei Cavalieri Ospitalieri, il re di Gerusalemme lanciò un assalto ad Acri nel 1189, prima che arrivassero degli eserciti crociati dall'Europa. Allertato dall'assedio, il Sultano Saladino d'Egitto e Siria radunò frettolosamente il suo esercito per aiutare la città costiera, soltanto per ritrovarsi impantanato in una prolungata situazione di stallo contro i suoi assedianti.

I saraceni, di fronte all'incapacità di fermare l'assedio, furono costretti a stabilirsi intorno ai crociati. Mentre questo doppio assedio andava prolungandosi anche nell'anno dopo, i Templari impazienti iniziarono ad escogitare un complotto per avvelenare le falde acquifere della città e uccidere l'intera popolazione, sperando che ciò avesse portato presto alla sua resa. Prima che l'ordine venisse dato, tuttavia, il Maestro Assassino Altaïr Ibn-La'Ahad s'infiltrò nell'accampamento dei crociati e assassinò il comandante responsabile a dare l'inizio al complotto.

Tuttavia, né questa battuta d'arresto né la morte di molti comandanti cristiani costrinsero i crociati a rompere l'assedio. Nel 1191, l'arrivo dei lunghi attesi rinforzi guidati dai re Riccardo Cuor di Leone e Filippo II di Francia riportò la crociata a favore dei crociati. Armati con nuove e migliori armi da assedio, i crociati fecero breccia ad Acri, che fu costretta, alla fine, di arrendersi. Grazie a questa importante vittoria, i crociati, successivamente, riuscirono a recuperare i terreni perduti negli anni precedenti ai saraceni.

Storia[]

Preludio[]

Gli stati crociati vennero fondati dopo il successo della prima crociata di togliere il controllo del Levante ai saraceni la fine del secolo scorso. Durante gli intervalli tra una crociata e l'altra, la guerra tra le due fazioni continuava ad infuriare, interrotta soltanto da brevi periodi di una pace inquieta.

Nel 1187, dopo che Saladino, sultano d'Egitto, aveva unificato i musulmani sciiti e sunniti presenti in Siria instaurando un unico governo sunnita, scoppiò ancora una volta la guerra tra saraceni e crociati. Il 3 luglio, Saladino riuscì ad attirare l'imponente esercito cristiano guidato dai loro più importanti comandanti ad Hattin, dove ottenne una grande vittoria sterminando l'esercito avversario e indebolendo considerevolmente il regno di Gerusalemme. Tra i suoi prigionieri c'erano Guido di Lusignano, re di Gerusalemme, e Gerardo di Ridefort, Gran Maestro dell'Ordine dei Templari. Sebbene entrambi furono rilasciati da Saladino l'anno successivo, la sconfitta fu catastrofica, che permise a Saladino di conquistare quasi tutti i territori crociati, tra cui Gerusalemme stessa.

La caduta di Gerusalemme riaprì la richiesta di una nuova crociata in Europa, in cui lo Stato Pontificio la proclamò con l'intento di riconquistarla. Nel frattempo, Guido di Lusignano si recò a Tiro, una delle ultime roccaforti ancora in mano dei crociati, grazie alla guida di Corrado del Monferrato che scongiurò un assedio saraceno. Tuttavia, Corrado negò l'acceso a Guido proclamando che avrebbe amministrato la città finché non sarebbero arrivati i re europei per discutere la successione al trono del regno di Gerusalemme. Anche se Guido si ripresentò con la moglie, la regina Sibilla, alla quale le spettava legalmente il regno, Corrado gli negò ancora l'accesso.

Guido si portò a suo favore i primi rinforzi crociati venuti dall'Europa e decise di conquistare Acri per avere un solido punto di partenza per organizzare un contrattacco contro Saladino, dopo che a Tiro non poteva entrare. Il 28 agosto 1189, raggiunse Acri con il suo esercito e le sue navi.

Assedio[]

Battaglia di Acri[]

Acri, posizionata strategicamente su una penisola, era ben strutturata nelle sue difese. A est, dove c'era il porto, veniva protetto da un muro contro il mare aperto e le coste a ovest e a sud dal forte muro di una diga. Invece, il lato della terraferma, era protetta da una doppia barriera con torri. Guido cercò di lanciare un assalto a sorpresa alle mura, ma il tentativo fallì trasformandosi in un assedio prolungato. In quanto Guido decise di stabilire l'accampamento in attesa di rinforzi, accerchiando la città. Prontamente, Guido ricevette altri rinforzi e, grazie a uno dei loro comandanti, riuscì ad ottenere degli aiuti anche da Corrado, a Tiro. Allarmato dei nuovi sviluppi, Saladino radunò le sue truppe e si mosse verso Acri, dove il 15 settembre attaccò il campo di Guido senza successo.

Il 4 ottobre, Saladino decise di attaccare nuovamente da est il campo di Guido. Inizialmente, la battaglia volse a favore dei crociati, ma un'azione ben giostrata portò le sorti a favore del Saladino. Anche le riserve di Guido, che avevano il compito di bloccare qualsiasi attività offensiva sarebbe uscita da Acri, furono costrette ad intervenire. Così facendo gli assediati sfruttarono l'occasione per attaccarli. Alla fine, i crociati riuscirono a tenere le posizioni a prezzo caro, mentre i saraceni si ritirarono. Nello scontro, venne catturato nuovamente Gerardo di Ridefort. Rifiutando di ripetere un atto di pietà, Saladino giustiziò per decapitazione il Gran Maestro.

Doppio assedio[]

Dopo questa intensa battaglia, entrambi le parti stabilirono le loro posizioni. Guido ricevette altri rinforzi riuscendo a bloccare completamente sulla terraferma la città di Acri, mentre il Saladino fece arrivare altre truppe riuscendo a circondare sia la città sia l'accampamento crociato. Nonostante ciò, l'accampamento crociato continuò a ricevere ulteriori rinforzi, tra cui i resti dell'esercito del Sacro Romano Impero guidato da Federico VI di Svevia, il cui padre, Federico Barbarossa, annegò durante il viaggio al Levante. Anche se arrivavano nuovi rinforzi, all'accampamento fu difficile ricevere rifornimenti, con scorte di cibo limitate e l'approvvigionamento d'acqua avvelenato dalla presenza di cadaveri. Ciò non fece altro che il diffondersi delle malattie tra i crociati, dove morirono anche Federico VI di Svevia e la regina Sibilla, la cui morte annullò la pretesa legale di Guido sul regno di Gerusalemme, anche se si rifiutò di cederla.

Flusso di veleno[]

"...C'è un piano per avvelenare le falde dell'acqua della città. Moriranno tutti. La città sarà vuota prima del sorgere del sole."
―Basilisk informa Altaïr del complotto, 1190[src]

In quello stesso anno, nel 1190, i Templari, stufi della situazione di stallo creatasi nell'assedio, organizzarono un complotto per avvelenare le falde acquifere di Acri. Tale era la portata del complotto che i Templari si aspettavano che in poco tempo sarebbero morti l'intera popolazione, lasciando vuota la città durante la presa dei crociati.

Quando il successore di Gerardo al comando dell'Ordine dei Templari, Basilisk, fu sconfitto in uno scontro contro Altaïr Ibn-La'Ahad a Tiro, decise per avere salva la vita di rivelargli l'esistenza del complotto. Dato che entrambi rivaleggiavano per recuperare il Calice, che ora sapevano fosse una donna che si nascondeva a Gerusalemme, Basilisk puntava sul fatto che Altaïr avrebbe prima salvato Acri da un possibile massacro, in modo tale da ritardare il suo arrivo a Gerusalemme e permettendosi di raggiungere Gerusalemme per primo.

L'intervento dell'Assassino[]

Altaïr partì per Acri, nel disperato tentativo di salvare la popolazione da un possibile massacro. La notte in cui arrivò in città, i crociati stavano assaltando le mura, riuscendo in alcune parti di sfondarle e ad entrare in città.

Quando tre Cavalieri Ospitalieri individuarono Altaïr, quest'ultimo fuggì dalla loro vista lanciando una [[|Bombe fumogene|bomba fumogena]] e salendo sui tetti, da dove uccise dei Templari con la sua balestra. Tuttavia, ciò allertò le altre guardie della sua presenza. Non appena tornò in strada, dovette affrontare altre guardie che vennero immediatamente uccisi dal crollo di un edificio. Sfortunatamente, piuttosto che dare una tregua ad Altaïr, lo costrinse ad affrontare altre guardie allertate dal rumore.

Per raggiungere l'accampamento crociato e assassinare il comandante, Altaïr decise di raggiungere l'altra parte della città. Dopo aver ucciso altri crociati lungo il cammino, Altaïr trovò bloccata la strada da un comandante Templare e tre dei suoi cavalieri. Mentre i suoi cavalieri bloccavano la strada con gli scudi, il comandante affrontò da solo Altaïr, sicuro di vincere lo scontro. Nonostante il loro comandante venne ucciso, i cavalieri mantennero il loro muro di scudi, costringendo Altaïr a sfondarla con la forza.

Andando avanti, Altaïr raggiunse una delle porte della città proprio nel momento in cui venne sfondata dai crociati, uccidendo contemporaneamente i saraceni che cercavano di tenerla sbarrata. Soltanto Altaïr riuscì a frenare l'avanzata dei crociati, uccidendo tutti i soldati che entravano, ma dopo un po' si rese conto della futilità nel fermarli. Pensando velocemente, usa la catapulta per colpire l'architrave della porta, facendola crollare. I detriti bloccarono l'accesso alla città, costringendo i crociati ad entrare scalando le mura.

Altaïr si arrampica sulle mura e sparò con le baliste alle torri d'osservazione nemiche e spinse le scale giù le scale sollevate. Il suo intervento fermarono con successo l'assalto dei crociati in quella sezione delle mura e proseguì verso una piazza vicina dove i Templari stavano radunando dei civili per un'esecuzione. Dalla sommità del tetto di un edificio, Altaïr uccise il boia e i suoi compagni con la balestra. Dopo aver superato altre guardie, Altaïr salvò una donna fatta prigioniera da alcuni Cavalieri Ospitalieri. Alla fine, raggiunse la porta più vicina all'accampamento dei Templari, anch'essa sfondata ma con i saraceni ancora in vita per difenderla. Intento a risolvere il problema come prima, usando la catapulta per colpire l'architrave di una porta, i saraceni lo scambiarono per un nemico, riconoscendolo come Assassino. Sapendo che non poteva uscire dalla porta della città senza attirare i nemici, Altaïr sfuggì ai saraceni e fuggì sulle mura, da dove poté scendere dall'altra parte da una scala mentre i soldati erano distratti dall'assedio.

Infiltrazione all'accampamento Templare[]

Avvicinandosi all'accampamento, Altaïr incontrò due soldati di pattuglia che gli ordinarono di consegnargli le armi secondo l'ordine di non far passare nessuno e di disarmare i civili. L'Assassino obbedì, tenendosi soltanto la lama celata, e venne scacciato dalle guardie. Quest'ultime non aspettarono di vedere se il civile abbandonasse l'area e continuarono la loro ronda. Invece, Altaïr sfruttò l'opportunità per superarle e avvicinarsi ad una guardia isolata, per ucciderlo e rubargli gli abiti per indossarli.

Il travestimento si rivelò efficace, permettendogli di attraversare l'accampamento indisturbato fino a raggiungere un'area delimitata dalle palizzate. Le guardie al cancello proibirono il passaggio ad Altaïr, ricordandogli che un soldato del suo grado non poteva superare, non accorgendosi della sua vera identità. L'Assassino optò per un diversivo, facendo esplodere degli esplosivi trovate in una parte del campo. L'esplosione causò un incendio nelle sue vicinanze, bruciando tutte le tende circostanti: Inoltre, le fiamme si propagarono rapidamente, costringendo anche le guardie al cancello ad intervenire per spegnere l'incendio.

Fu a questo punto che Altaïr oltrepassò il cancello. Consapevole che il suo travestimento non lo avrebbe aiutato in quell'area, Altaïr fu costretto a fare affidamento alla sua abilità delle furtività per eludere la sorveglianza delle guardie. L'Assassino si imbatté in un trabucco e decise di manometterlo per creare un diversivo. Come aveva previsto, un paio di guardie notarono il malfunzionamento e tentarono di ripararlo, soltanto per attivare la trappola che faceva cadere la macchina e il proiettile incluso su di loro. I soldati nelle vicinanze, allertate dall'"incidente", si avvicinarono per indagare, permettendo ad Altaïr di avanzare.

Avvicinandosi ad un'altra palizzata in legno, Altaïr scoprì che ai discepoli era permesso di muoversi liberamente nella prossima area, supponendo che altrimenti fosse concesso l'ingresso soltanto ai capitani. Ucciso un discepolo solitario, Altaïr si cambiò di nuovo le vesti e mimetizzandosi con un gruppo di discepoli oltrepassa il cancello.

All'interno della nuova area, l'Assassino assassinò dei cavalieri a guardia di alcune armi da assedio, prima di distruggerle con dell'esplosivo. Mentre altri cavalieri si precipitavano sul luogo dell'esplosione, Altaïr avanzò sempre più a fondo nell'accampamento finché non fu fermato da un cavaliere che lo informò che gli era proibito passare oltre. Questo cavaliere, tuttavia, decise di farlo passare se lo avrebbe aiutato a liberare una prigioniera rubando la chiave della gabbia all'aguzzino. L'Assassino ci riuscì senza alcun problema consegnando la chiave al cavaliere, con la quale liberò la prigioniera e se ne andò in fretta scortandola fuori dal campo.

Tuttavia, Altaïr non avanzò molto poiché avvicinandosi ad un altro cancello venne bloccato dalle guardie, dove solo i capitani potevano passare. Pensando ad un modo per distrarli, Altaïr entrò in una grossa tenda lì vicino e scoprì che era utilizzata come prigione per i soldati catturati. Uno di questi prigionieri era nel bel mezzo di un interrogatorio e veniva torturato da un Templare, il quale voleva sapere il luogo di un tesoro. Senza ulteriore indugi, Altaïr mise fine all'interrogatorio assassinando il Templare alle spalle. In segno di gratitudine, il prigioniero interrogato decise di rivelargli il posto in cui era tenuto il tesoro, ma morì a causa delle ferite subite prima che potesse concludere la frase. Leggermente deluso, Altaïr liberò i prigionieri, contando che la loro fuga avrebbe distratto i soldati al cancello.

Come sperato, i due soldati al cancello si misero all'inseguimento dei prigionieri in fuga e Altaïr passò nell'area successiva. Presto si trovò davanti ad una fila di trabucchi che venivano usati contro Acri. Ansioso di fermarli, anche a costo di far saltare la copertura, Altaïr uccise un balestriere che guardava la zona dei trabucchi su una torre di vedetta, poi gli prende la balestra che usò per uccidere le guardie che usavano le armi d'assedio. Dopo aver ucciso due di loro, le altre guardie del gruppo si interrogarono sull'origine dell'attacco e la trovarono sulla torre di vedetta, ma Altaïr riuscì comunque ad ucciderli tutti.

Sventare il complotto del veleno[]

Comandante: Discepolo, ci siamo! Sento che la nostra vitoria è ormai vicina!
Altaïr: Non potresti essere più... In errore!
―Altaïr si prepara ad assassinare il bersaglio, 1190[src]Poco più avanti, c'era la base del comandante incaricato del complotto per avvelenare la città. Sebbene l'ordine non era ancora stato dato, Altaïr aveva ragione di credere che sarebbe comunque avvenuto quella notte stessa. Così, mentre si avvicinava al cancello della base, il comandante emise una convocazione affinché tutti i suoi capitani parteciparono al suo annuncio. Il capitano che uscì a chiamarli, fu l'unico che rimase a fare la guardia al cancello, mentre tutti gli altri si precipitavano nella base per il discorso. Di conseguenza, Altaïr non ebbe problemi ad entrare furtivamente attraversando il cancello, in tempo per assistere al discorso del comandante ai suoi capitani che li incoraggiava a prepararsi nell'ultimo assalto ad Acri.

Il comandante aveva preventivamente ipotizzato che l'assalto avrebbe annientato le ultime difese della città e si astenne dal dare l'ordine del complotto prima di congedare i suoi uomini. Quando i capitano si allontanaono dall'area, il comandante individuò Altaïr. Credendo che fosse un semplice discepolo, il comandante chiese ad Altaïr di dargli la sua benedizione. Così, l'Assassino salì sul tetto dell'edificio in rovina, in cui il comandante pronunciò prima il discorso.

Osservando da lontano la battaglia, il comandante dei Templari proclamava l'imminente vittoria dei crociati. Dando le spalle ad Altaïr, quest'ultimo afferrò una spada e si preparò a colpirlo. Tuttavia, la sua indiscrezione rispondendogli che era in errore riguardo alla vittoria, insospettirono il comandante che si girò con la spada sguainata e pronto a difendersi. Inoltre, non perse tempo per chiamare le guardie, le quali diedero l'allarme. Mentre il comandante e Altaïr si scontrarono sullla sommità dell'edificio, i soldati si precipitarono a dare manforte al loro comandante. Poiché per raggiungerli dovevano fare le scale, era impossibile che tutti poterono sciamare nello scontro e sopraffare il nemico. Essendo un maestro spadaccino, Altaïr non ebbe problemi a tenere testa, nonostante lo svantaggio, ai soldati che si unirono al loro comandante, uccidendoli tutti e disarmando il loro stesso capo, ferendolo. Scioccato e ferito, il comandante poté fare ben poco mentre Altaïr lo inseguì uccidendolo con la lama celata con un assassinio in volo.

Sebbene fosse vittorioso, Altaïr si rese conto solo dopo che l'intero accampamento era in massima allerta per trovarlo. Nonostante le sue abilità, non considerò la possibilità di affrontare da solo un'intero esercito e cercò alla svelta una via di fuga. Fu allora che vide una catapulta vicina come una via di fuga. In mezzo ad una situazione disperata, non esitò a salire sulla cucchiara e lanciarsi verso la città di Acri per evitare di affrontare l'accerchiamento che i Templari avevano formato contro di lui.

Altaïr sopravvisse alla sua bravata e, soddisfatto di aver sventato il complotto assassinando il comandante incaricato a dare l'ordine, si affrettò a raggiungere Gerusalemme per trovare una misteriosa donna, il Calice. Fortunatamente, la sua decisione di bruciare la flotta dei Templari al porto di Tir prima di partire per Acri, si rivelò geniale, in quanto assicurò che i Templari sarebbero arrivati al Calice prima di lui con un vantaggio di poco tempo.

I rinforzi di Francia e Inghilterra[]

L'assedio ad Acri ritornò ad un momento di stallo, dopo l'intervento di Altaïr, nonostante non decretasse la sconfitta dei crociati. La notte in cui l'Assassino uccise uno dei comandanti, i Templari si aspettavano che l'assedio si sarebbe rivelata vittoriosa entro la mattina, dato che tra le mura della città erano già state aperte numerose brecce e alcuni gruppi di crociati già si erano riversati all'interno della città. Con loro grande dispiacere, il giorno dopo, i crociati furono respinti da Acri. Le mura vennero riparate e rinforzate; i saraceni e i crociati, quindi, si ritrovarono ad affrontare un assedio che si prolungò fino all'anno dopo, dovuto anche dalla distruzione delle armi d'assedio.

Agli inizi del 1191, arrivarono i primi tanto attesi rinforzi europei, guidati da Leopoldo V d'Austria, il quale prese il pieno controllo delle rimanenti forze imperiali del defunto Federico Barbarossa. Ad aprile i crociati accolsero l'esercito francese guidato da Filippo Augusto e a giugno l'esercito inglese guidato da Riccardo Cuor di Leone, ritardato dalla conquista dell'isola di Cipro. Con i nuovi rifornimenti che permisero la costruzione di nuove armi d'assedio, le brecce nelle mura della città si fecero più frequenti, ma Saladino continuava ad attaccarli alle spalle, mentre i crociati lanciavano un assalto, per distrarli e dare il tempo ai difensori di riparare i danni. Tuttavia, la guarnigione di Acri dovette riconoscere l'impossibilità a continuare a resistere e dovette arrendersi con delle condizioni ai crociati il 12 luglio. Saladino, il cui esercito bloccava i crociati, accettò e rispettò la resa della città.

Conseguenze[]

Quando i crociati entrarono ad Acri l'intera guarnigione musulmana venne presa prigioniera, per usarli come possibile merce di scambio con i prigionieri cristiani in mano al Saladino. Nel frattempo, Corrado si sposò Isabella, sorellastra di Sibilla e legittima erede al trono dopo la morte di Sibilla. La sua competizione al trono contro Guido di Lusignano lo portò ad entrare in contrasto anche contro Riccardo Cuor di Leone, che appoggiava Guido, in quanto suo vassallo. Nonostante ciò, il re inglese nominò il marchese Guglielmo V del Monferrato, padre di Corrado, come suo reggente ad Acri.

Filippo Augusto, invece, non si soffermò a lungo dopo la caduta di Acri. Il 31 luglio partì per la Francia, interrompendo la sua partecipazione alla crociata, per risolvere la successione sulla contea delle Fiandre e del Vermandois, dopo la morte di Filippo d'Alsazia causata dall'epidemia diffusasi durante l'assedio. La sua partenza mise Riccardo come unico comandante dell'esercito crociato.

I negoziati tra Riccardo e Saladino, di cui Corrado servì come negoziatore, durarono fino al 20 agosto. Contro il giudizio di Riccardo, Guglielmo fece giustiziare tutti i prigionieri musulmani in bella vista davanti all'esercito saraceno. Saladino, per rappresaglia, ordinò l'esecuzione di ogni prigioniero cristiano nelle loro mani. Sulla scia di questo violento crollo della diplomazia, Corrado decise di rifugiarsi a Tiro, e il Rafiq Jabal ipotizzò che la nomina di reggente di Guglielmo fosse in realtà il modo di Riccardo per tenerlo in ostaggio e scoraggiare Corrado a tradirlo.

Dopo il fallimento delle negoziazioni, la guerra riprese e l'esercito crociato lasciò Acri, muovendosi verso sud, tenendosi sempre alla destra il mare e alla sinistra l'esercito di Saladino che lo seguiva costantemente. Dirigendosi verso Giaffa, vitale per avere una possibilità per la conquista di Gerusalemme, fu costantemente infastidito dagli arcieri di Saladino finché il 7 settembre ad Arsuf, a nord di Giaffa, venne intercettato dal sultano. Riccardo fu costretto ad affrontarlo e riuscì a sconfiggerlo in battaglia. La vittoria dei crociati li aprì la strada verso Giaffa, che riuscirono a riconquistarla, e verso Gerusalemme. Tuttavia, la guerra terminò prima che la potessero attaccare, in quanto Riccardo dovette ripartire per il proprio regno. Stipulò un trattato di pace con il Saladino, mettendo fine alla terza crociata.

Fonti[]

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